Riutilizzo terre e rocce da scavo contenenti materiali di riporto, è sempre consentito?

Nel settore delle costruzioni e delle bonifiche è possibile il rinvenimento, nel corso dei lavori, di materiali di riporto: essi sono costituiti da una miscela eterogenea di terreno naturale e di materiali inerti di origine antropica, anche di derivazione edilizio-urbanistica pregressa.
In alcuni casi hanno una collocazione molto antica, in altri più recente; talvolta sono per loro natura altamente inquinanti, in altri casi del tutto inerti.
Nel dpr 120/2017 viene chiarito che le terre e rocce da scavo contenenti materiali di riporto possono essere gestite come sottoprodotti ed essere riutilizzate in sito nei casi in cui:
– la componente di materiali di origine antropica frammisti ai materiali di origine naturale non superi la quantità massime del 20% in peso;

– risultino conformi al test di cessione e non risultino contaminate.

Pertanto, al fine di individuare il regime giuridico da applicare alla gestione dei materiali, occorre considerare che qualora le matrici materiali di riporto rispettino la conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione/valori di fondo e risultino quindi non contaminate, è sempre consentito il loro riutilizzo in situ.
Se, invece, nelle matrici materiali di riporto sia presente una fonte di contaminazione è necessario procedere alla eliminazione di tale fonte di contaminazione e non dell’intera matrice materiale di riporto.

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